Commercio Internazionale: le prospettive di sviluppo e le dinamiche dei prezzi
Dopo aver approfondito quanto accaduto al commercio internazionale durante la recessione da COVID e le prospettive, analizziamo in questo nuovo articolo futuri sviluppi e prezzi.
Le prospettive del commercio internazionale sull’orizzonte sino al 2024
Dopo il crollo del 2020, nel 2021 la ripresa degli scambi di merci è stata assai repentina, pur non raggiungendo i livelli di fine 2019. In prospettiva per il prossimo triennio le stime (Fonte: Prometeia) sono di un proseguimento della loro crescita in termini reali ma a tassi via via decrescenti. Nella media la crescita rimarrà solo di poco superiore a quella attesa per il PIL (sempre in termini reali) mondiale, indice di un sostanziale equilibrio tra le due grandezze e di una fase della globalizzazione meno euforica rispetto al passato.
Nel determinare il risultato un ruolo di un certo peso è giocato dall’effetto statistico: grazie alla globalizzazione la dinamica della crescita negli ultimi lustri, e soprattutto negli anni immediatamente precedenti alla guerra commerciale tra USA e Cina, ha permesso di raggiungere un livello di scambi già assai elevato. Dall’altro lato, elemento assai rilevante, esistono vincoli sia di ordine logistico che geopolitico/strategico e non ultimo l’impatto della diffusione delle politiche ambientali, cd. “green”, che renderanno, con elevata probabilità, meno fluida la crescita.
Nel dettaglio le stime previsionali di Prometeia indicano un aumento del 9,7% dell’interscambio di merci in termini reali nel 2021, riflesso della vigorosa ripresa e dell’effetto statistico succitato dopo la frenata nel 2020 legata all’epidemia, seguito nel 2022 da un progresso ancora apprezzabile, +6,0%, e da una stabilizzazione sia nel 2023 (+4,3%), sia, ancora, nel 2024: +3,6%.
In termini di composizione dell’aggregato, distinguendo tra manufatti e materie prime, le stime sono di un’accelerazione inizialmente più marcata dei primi, rispettivamente +10,0% contro +9,7% nel 2021, per terminare il periodo di previsione con una crescita più accentuata delle seconde: rispettivamente +3,4% contro +3,6%.
Le stime succitate cambiano, ovviamente, se consideriamo i flussi a prezzi correnti (non in termini reali) ed in dollari: per il 2021 l’incremento nominale dei flussi di merci è atteso attestarsi al +25,6%, seguito da un aumento del 5,3% nel 2022, del 5,6% nel 2023 e del 5,8% nel 2024, in progressione quindi a partire dal 2022 a conferma, nel confronto con l’andamento delle quantità in termini reali, del peso rilevante riferibile sia all’aumento dei prezzi all’importazione, specie nel 2021, sia di quelli riferiti alle materie prime. A tale ultimo proposito, il peso crescente del ruolo rivestito dalle materie prime è anche la conseguenza logica della transizione da un’economia guidata dai combustibili fossili ad un’economia globale che, gradualmente, cerca di migrare verso un assetto dove il peso maggiore, se non preponderante, sarà quello delle fonti energetiche “green”, alternative e rinnovabili.
Commercio internazionale, politiche ambientali e “Greenflation”
A tale ultimo proposito, il mondo affronta oggi, però, un crescente paradosso nella campagna per contenere il cambiamento climatico. Da un lato l’inasprimento della regolamentazione sta limitando l’offerta aggregata, scoraggiando gli investimenti in miniere, fonderie o qualsiasi fonte che emetta gas serra (in primis CO2). Dall’altro lato la nuova tendenza “green”, stimolata e diretta dalle autorità, accresce la domanda di materiali necessari per costruire le infrastrutture ed i beni di investimento indispensabili per un’economia più pulita. Dalla combinazione delle due forze la conseguenza involontaria che ne risulta è la cd. “greenflation”: un aumento, a tratti parossistico, dei prezzi di metalli e minerali come rame, alluminio e litio, essenziali per gli impianti di produzione di energia solare ed eolica, le auto elettriche e altre tecnologie rinnovabili. A ciò si aggiunga che, come in passato il passaggio ad una nuova fonte energetica ha dato impulso a quella precedente, la costruzione di economie verdi consumerà – gioco forza – maggiori quantità di combustibili fossili (in primis petrolio) nel periodo di transizione. I produttori di tali combustibili reagiscono oggi mantenendo inalterate le quantità disponibili, visto che la resistenza politica e la normativa compromettono il futuro dei combustibili fossili. Ciò non agevola la transizione con il risultato che, più difficile si presenta il processo di trasformazione verso un’economia più verde, più costoso diventa lo sforzo economico e diviene meno probabile che si riesca a raggiungere l’obiettivo di limitare gli effetti deleteri del riscaldamento globale nei tempi previsti.
I fattori chiave oggi per il commercio globale: materie prime strategiche e trasporti marittimi
L’impatto della decarbonizzazione dell’economia, a livello globale, presenta un enorme potenziale, innanzitutto per le materie prime: una transizione verso un’economia a zero emissioni nette ha già iniziato a catalizzare un “super-ciclo” di quelle maggiormente e direttamente coinvolte. Per alcuni metalli si è assistito negli ultimi anni ad un brusco exploit dei prezzi ed il ciclo verosimilmente si presenta lungo e “greenflazionistico“, oltre che afflitto da rischi geopolitici di approvvigionamento non secondari, come dimostra il recente trend esponenziale manifestato dai noli di trasporto sulle maggiori rotte (vitali) del commercio marittimo.
Il nodo delle materie prime (in primis metalli) strategiche
Tra le principali materie prime i metalli strategici, in particolare, rappresentano i fattori trainanti della vita economica nel 21° secolo, sia che si tratti di elettronica, mobilità o energia sostenibile. I metalli strategici includono elementi di terre rare e metalli speciali, utilizzati nella costruzione di LED, magneti, motori elettrici, sensori e molti altri componenti indispensabili per gli smartphone, gli schermi piatti, le automobili e molte altre applicazioni nelle nostre case. Recentemente sono divenuti disponibili come investimento in asset fisici, grazie anche allo stoccaggio di sicurezza in magazzini doganali. Di seguito riportiamo una breve rassegna di quelli che hanno segnato gli aumenti di prezzo più marcati nell’ultimo quinquennio, delineandone le principali caratteristiche ed applicazioni.
Grafico 1 – I prezzi del Disprosio
(Fonte: Refinitiv)
Disprosio
Tra i primi ricordiamo il disprosio (Dysprosium), un tangible asset utilizzato come booster per i motori elettrici. Altamente adattabile e resiliente è estremamente magnetico ed è anche usato come scudo per i reattori nucleari, in virtù della sua capacità di funzionare ancora ad alte temperature. Il disprosio, dal punto di vista industriale, è insostituibile in molti campi di applicazione ed è utilizzato anche nelle lampade a risparmio energetico, materiale laser, lampade alogene e vetro. Soprattutto con l’imminente esplosione dell’energia sostenibile, il disprosio è divenuto una materia prima fondamentale nelle batterie necessarie per le auto elettriche, particolarmente richiesta e critica tenuto conto del numero di case automobilistiche – vecchie e nuove – che metteranno auto elettriche su strada entro il 2030.
Grafico 2 – I prezzi del Neodimio
(Fonte: Refinitiv)
Neodimio
Molte tra le Terre Rare sono apprezzate perché altamente magnetiche. Tra tutte emerge il Neodimio (Neodymium) che ha la straordinaria capacità di reggere, permanentemente, carichi che corrispondono a 1.300 volte il suo peso (gli ascensori del One Trade Center di New York, ad esempio, utilizzano magneti al neodimio). Oltre a ciò, viene utilizzato anche ogni volta che siano necessari potenti magneti in piccoli volumi, come negli smartphone, ed è tra i metalli fondamentali per l’industria high tech in continua crescita: un iPhone, ad esempio, utilizza 12 metalli strategici come materie prime indispensabili per il suo funzionamento.
Grafico 3 – I prezzi del Praseodimio
(Fonte: Refinitiv)
Praseodimio
Il praseodimio è utilizzato in leghe con magnesio per produrre metallo ad alta resistenza per motori aeronautici: tutti gli aeromobili passeggeri e commerciali oggi esistenti lo utilizzano. La domanda per questo metallo è in ulteriore aumento, grazie a nuovi impieghi, in quanto migliora l’assorbimento dei raggi UV, divenendo quindi un componente necessario nella protezione degli occhi, nella produzione di vetro a cristallo verde, nei materiali ceramici. È opinione diffusa che la Cina non sarà in grado di gestire questo aumento della domanda (l’offerta è limitata) e che ciò aprirà la strada a nuovi fornitori, e quindi a prezzi più alti, come conseguenza delle normative di sostenibilità, prevalenti nell’UE e negli Stati Uniti, che rendono più difficile il processo di produzione e ne limitano pertanto l’offerta addizionale.
Grafico 4 – I prezzi del Terbio
(Fonte: Refinitiv)
Terbio
Tra i metalli strategici, l’outsider, la pecora nera, è il Terbio (Terbium). Secondo l’Istituto Fraunhofer per i sistemi e la ricerca sull’innovazione, in futuro le quantità disponibili di questo metallo saranno molto limitate. Il terbio viene scambiato nella sua forma di ossido poiché ha due vantaggi definiti. In primis, ogni utilizzo industriale avviene sotto forma di ossidi. Il secondo vantaggio è che le terre rare nella loro forma di ossido possono essere conservate praticamente a tempo indeterminato.
Grafico 5 – I prezzi del Gallio
(Fonte: Refinitiv)
Gallio
Un metallo assai versatile e pressoché onnipresente è, poi, il Gallio: è utilizzato in così tante sorprendenti sfere di applicazione che diventa difficile elencarle tutte. I prezzi storici appaiono indicativi delle prospettive: si prevede che, nel 2025, la domanda di gallio sarà sei volte il volume di produzione attuale. Gli Stati Uniti e l’UE elencano il gallio tra le risorse fondamentali e strategiche, il che significa che è di elevatissima importanza economica ma disponibilità limitata. Si ritiene che l’attuale capacità di produzione globale sia esaurita, mentre la domanda è in rilevante aumento: il Fraunhofer Institute stima che la domanda sia attualmente sei volte superiore alla produzione mondiale.
Commercio internazionale: Trasporti Marittimi e il loro costo
La logistica, in particolare quella marina, è strategica per i traffici commerciali e i dati ad essa riferiti possono rivelare in anticipo dinamiche macroeconomiche. Può essere concausa di processi inflattivi a livello globale e, in caso di inefficienze, può concorrere a rallentare processi di crescita di intere macroaree. Storicamente si è visto che i cicli economici positivi hanno favorito la corsa alla costruzione di nuove navi – grazie anche ad agevolazioni fiscali e del credito – che ha portato, prima del 2020, ad un eccesso di capacità produttiva (cd. “stiva”) nel comparto del trasporto commerciale marittimo, con un conseguente marcato calo delle quotazioni dei noli:
Grafico 6 – Andamento del Baltic Dry Index (BDI) e due sotto-indici
(Fonte: Refinitiv)
Tuttavia, con il blocco della navigazione in seguito al lock-down mondiale, le compagnie di navigazione hanno venduto, disarmato o tolto dal servizio diverse unità della flotta portacontainer. Per gli armatori era meglio lasciare le navi in rada, nonostante i costi che comunque una nave in stallo comporta.
Grafico 7 – Global Container throughput, January 2007 – July 2021 (seasonally- adjusted index, 2015=100)
(Fonte: WTO)
Con la ripartenza dell’attività produttiva e del commercio internazionale la Cina ha ripreso a correre, produrre ed esportare. La domanda di trasporto marittimo è cresciuta. Si è assistito così ad un aumento della disponibilità di container dopo il calo registrato nei primi 9 mesi del 2020 (grafico 13). Gli armatori non hanno però rimesso in servizio la stessa stiva del periodo pre-Covid. Hanno invece lasciato le navi agli ormeggi, preferibilmente in rada (dove non si paga la sosta) e hanno ripreso a viaggiare con una offerta di stiva ridotta. La domanda in crescita di spazi ha fatto, di conseguenza, salire i noli. Inoltre, in questi ultimi anni le fusioni hanno portato a concentrazione tra le compagnie di navigazione, con pochi armatori che controllano il mercato. La ripresa della domanda e la crescente concentrazione degli operatori hanno determinato una crescita dei prezzi dal 2020, proseguita nel 2021 (vedi grafici da 12 a 14). Inoltre, i minori spazi disponibili hanno determinato anche un rallentamento dei servizi con tempi di consegna più lunghi, mettendo in difficoltà le filiere produttive in diverse macroaree del mondo.
Grafico 8 – Baltic Global Container Index vs. Baltic Dry Index
(Fonte: Refinitiv)
Contributo a cura di Studi e Ricerche, Banco BPM
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