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La nuova Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD): una sfida ambiziosa per le imprese

Corporate Sustainability Reporting Directive | Banco BPM
18/12/2023

Negli ultimi anni, è cresciuta l’attenzione del tessuto economico e sociale sulle tematiche di sostenibilità, prevalentemente sul primo elemento dell’acronimo ESG, ossia sull’ambiente (“Environmental”), ma è cruciale comprendere che gli obiettivi legati allo sviluppo sostenibile abbracciano non solo la dimensione ambientale, ma anche il capitale umano e sociale, insieme a quello economico e finanziario: questioni rilevanti sono, infatti, anche l’uguaglianza di genere, i diritti umani, la sicurezza sul lavoro e l’equilibrio tra vita lavorativa e personale.

In un panorama di sfide globali che richiedono risposte immediate, l’Europa si dimostra pioniera nell’accompagnare la transizione sostenibile attraverso una serie di normative, tra cui la nuova Corporate Sustainability Reporting Directive- CSRD (UE 2022/2464) che, partendo da un obbligo di disclosure indirizzato alle imprese di medie e grandi dimensioni (si stimano 49.000 aziende in Europa), mira a trasformare le attività produttive, le strategie e la gestione dei rischi di intere catene del valore.

La CSRD richiede, infatti, alle aziende di fornire informazioni strutturate e trasparenti, storiche e prospettiche, in tema di:

  • modelli, strategie aziendali di sostenibilità e obiettivi ESG (con particolare riferimento alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra);
  • ruoli, responsabilità, competenze, incentivazione degli organi di amministrazione, gestione e controllo relativamente alle questioni di sostenibilità;
  • politiche aziendali di sostenibilità;
  • processi di due diligence (volti a identificare, prevenire, mitigare l’impatto negativo, effettivo e potenziale, sulle questioni di sostenibilità e rendere conto del modo in cui si affrontano i problemi);
  • impatti e rischi (e relative modalità di gestione) relativi ai temi di sostenibilità.

A differenza della precedente normativa, quella attuale richiede alle aziende di rendicontare secondo gli European Sustainability Reporting Standards (ESRS) definiti dallo European Financial Reporting Advisory Group (EFRAG). Nello sviluppo di questi standard, l’EFRAG si è basato sugli standard e sui quadri normativi esistenti per garantire un elevato grado di interoperabilità, pur rimanendo coerenti con le ambizioni dello European Green Deal e di altre normative europee.

Per molte aziende, l’adeguamento alla CSRD rappresenterà la prima volta in cui esamineranno in dettaglio strategia, obiettivi, impatti, rischi e opportunità di sostenibilità e la relativa disclosure. Circa 11.600 aziende in Europa  hanno già iniziato questo processo con la precedente direttiva (Non Financial Reporting Directive – NFRD) ma saranno comunque interessate da uno sforzo non indifferente per allinearsi alle nuove richieste in termini, ad esempio, di pianificazione di obiettivi di sostenibilità (rendicontazione prospettica e non solo storica), perimetro di rendicontazione (non solo le società consolidate ma anche la “value chain” a monte e a valle, ove rilevante), doppia materialità.

Quest’ultima spinge le aziende a considerare sia gli impatti dell’attività aziendale sulle questioni di sostenibilità, sia l’impatto delle questioni di sostenibilità sulle performance aziendale e, di conseguenza, a gestire e rendicontare le tematiche materiali secondo questa doppia prospettiva.

Le prospettive…

È importante per le aziende non attualmente coinvolte nella NFRD intraprendere prima possibile questo percorso di adeguamento, in modo da non trovarsi impreparate quando scatterà anche per loro l’obbligo (anno fiscale 2025 per le imprese di grandi dimensioni; 2026 per le PMI quotate; 2028 per le imprese di paesi terzi con un fatturato in UE superiore ai €150 milioni).

In sostanza, nei prossimi anni si amplierà progressivamente la platea di imprese che si troveranno ad affrontare questa sfida di proporzioni considerevoli. Risulterà però strategico affrontarla con la  consapevolezza che tale normativa rappresenti primo passo, impegnativo ma necessario, di un lungo percorso verso un futuro più sostenibile e promettente per tutti, non solo dal punto di vista ambientale ma anche da quello economico e sociale.

Contributo a cura di Sostenibilità, Banco BPM

 

 

 

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