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IPCEI e progetti comuni: quando l’unione fa la forza

IPCEI
02/10/2023

Quando cadde il muro di Berlino, evento scatenato da una domanda del giornalista italiano Riccardo Ehrman durante una lunga e noiosa conferenza stampa del portavoce della Germania Orientale, nell’immediato fu subito chiaro come la guerra in Europa, calda dei fucili e fredda dell’atomo e dello spazio, fosse finita. Solo più tardi gli storici si resero conto di come il definitivo via libera alla globalizzazione avesse posto le basi per un fenomeno che oggi viviamo a pieno: la fine di un mondo bipolare (USA contro URSS) e l’inizio di un’era di multipolarismo economico e culturale.

Un’evoluzione che pone l’Europa di fronte a nuove sfide. Difficile, infatti, per i singoli Paesi reggere la competizione di realtà come la Cina o altri mercati, una volta relegati ai margini dell’economia e ora prossimi allo sviluppo, in particolare su temi come la ricerca tecnologica e lo sviluppo energetico. Per questo motivo, l’Europa ha deciso di affrontare alcune sfide in modo trasversale, rinunciando il più possibile alla dialettica politica tipica dei confronti fra leader e mettendo nero su bianco una strategia economica unitaria. In questo modo sono nati gli IPCEI, acronimo di Important Projects of Common European Interest.

IPCEI: cosa sono e come funzionano

Gli IPCEI sono progetti transfrontalieri su infrastrutture e innovazione a cui partecipano aziende private di vari Stati europei, fi nanziati a livello comunitario e a bilancio degli Stati nazionali.

Gli IPCEI possono contribuire alla realizzazione delle strategie UE, in primis il Green Deal. I governi sono chiamati a individuare il progetto, selezionare le imprese partecipanti tramite un processo di inviti aperti e concordare la governance. Inoltre, i singoli Stati mettono a disposizione forme di sostegno pubblico per le imprese selezionate che, secondo la normativa UE, costituiscono aiuti di Stato e, per questo, devono essere segnalati alla Commissione UE per essere approvati. Un punto fermo dell’iter, su cui si basa l’eventuale semaforo verde, è che il progetto produca una ricaduta positiva significativa senza produrre distorsioni della concorrenza.

Gli IPCEI nascono per coordinare e unificare conoscenze, know-how e risorse finanziare dell’Unione Europea verso un percorso di sviluppo e innovazione che sia sinceramente “disruptive” nel mercato mondiale. Per ottenere un finanziamento IPCEI, i progetti devono soddisfare alcune caratteristiche:

• In primis, come anticipato, fornire un contributo importante agli obiettivi di sviluppo europei, rimediando al contempo, in modo verificabile, a situazioni di fallimento del mercato.
• Coinvolgere almeno quattro Stati membri, tranne eccezioni straordinarie.
• Avere una struttura trasparente, senza escludere implicitamente
alcuni Stati membri.
• Produrre una ricaduta significativa e misurabile a beneficio dell’economia e degli abitanti europei.
Evitare impatti ambientali negativi seguendo il principio del “non
arrecare una danno significativo”, su cui si basaanche la Tassonomia UE.

Ad oggi, gli IPCEI coinvolgono più di 170 imprese (che salgono a più di 200 se si considerano le partecipazioni multiple delle stesse aziende) di 21 Stati membri, con un investimento privato che supera i 50 miliardi di euro.

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La partita italiana

In Italia esiste il Fondo IPCEI, ossia lo strumento agevolativo a supporto delle attività svolte dai soggetti italiani coinvolti nella realizzazione di Importanti Progetti di Comune Interesse Europeo.

Il Fondo, gestito dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy ex MISE – è stato istituito nel 2018 e gestisce la concessione di sostegno finanziario alle imprese, secondo la normativa europea degli aiuti di Stato per gli IPCEI. Possono beneficiarne aziende di qualsiasi dimensione e organismi di ricerca individuati nell’ambito di un IPCEI oggetto di notifica alla Commissione Europea.

Un fondo importante che, come conferma il PNRR, ha bisogno di un potenziamento. Il Recovery Fund italiano stanza 1,5 miliardi di euro per l’aumento di capacità di finanziamento del fondo. Saranno selezionati, inoltre, progetti nuovi o già esistenti attivi in specifici settori industriali come il cloud, le materie prime, la salute e la cybersecurity. Al bando saranno ammesse solo aziende presenti nel Registro delle Imprese, che non siano in liquidazione, amministrazione controllata o in ristrutturazione, in regola con l’eventuale restituzione di sussidi del MISE e che non abbiano ricevuto aiuti ritenuti illegali dalla Commissione Europea.

Il potenziamento del Fondo prevede che le aziende beneficiarie dedichino il 40% dell’investimento alla lotta al cambiamento climatico e il restante 60% all’innovazione digitale. Non potranno essere fi nanziate attività legate ai combustibili fossili, né quelle nell’ambito del sistema di scambio di quote di emissioni della UE – il discusso ETS – che prevedano emissioni di gas serra al di sopra dei benchmark più rilevanti. Inoltre, sono esclusi dal Fondo i progetti riguardanti discariche e inceneritori, assieme a quelli che prevedono la produzione di rifiuti dannosi per l’ambiente nel lungo periodo.

Ad oggi, l’Italia è presente con le proprie imprese in tutti gli IPCEI approvati. Al centro dei progetti ci sono la microelettronica, la produzione di batterie, la produzione di idrogeno pulito e le telecomunicazioni. Aspetti su cui si giocano alcune delle principali sfide geopolitiche del decennio. L’Europa dovrà affrontarle unita, mettendo da parte gli interessi particolari, non solo per competere con rivali come USA e Cina, ma per non essere relegata a un ruolo marginale nello scacchiere globale.

 

 

 

L’articolo è di carattere divulgativo aggiornato alla data di pubblicazione. Per conoscere l’offerta della Banca consulta l’area Prodotti.

 

 

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