Cos’è la diversificazione di un portafoglio?
In finanza, la diversificazione di un portafoglio di investimenti significa mettere insieme diverse tipologie di investimenti per ridurre il rischio che un singolo investimento possa avere un impatto troppo grande sul rendimento complessivo. Si tratta di mettere le uova in diversi cestini, così se uno cade, gli altri sono ancora al sicuro.
In sostanza, vuol dire prendere il proprio capitale e distribuirlo in un ragionevole e sensato ventaglio di investimenti, per “limitare il danno” nel caso in cui uno o più strumenti (azionario, obbligazionario, etc) non abbiano una prestazione “brillante”.
Come si diversifica un portafoglio?
Avete presente la rabbia (comprensibile) di chi dichiara di aver perso “i risparmi di una vita” nelle azioni o nelle obbligazioni di aziende che poi falliscono? Ecco: l’errore, in questi casi, sta proprio nella mossa di mettere tutti i risparmi su un unico strumento. La botta potrebbe essere assai meglio assorbita se solo una parte delle sostanze accumulate negli anni fosse destinata a quel prodotto e il resto trovasse invece una diversa collocazione.
Esempio. Immaginiamo di avere 1.000 euro da investire: possiamo usarli tutti per acquistare le azioni della società A oppure utilizzarne una parte per comprare i titoli di A, una parte per investire nei titoli di B e una terza parte per acquistare le azioni di C. Mettiamo poi che A fallisca: nel primo caso perdiamo il 100% dell’investimento; nel secondo, al peggio perdiamo solo il 33%, mentre nell’ipotesi migliore recuperiamo una parte di quel 33% grazie alle buone performance e agli apprezzabili dividendi di B e C.
La chiave è la correlazione
Il principio della diversificazione, insomma, affonda le radici nel buon senso. Ed è intimamente legato al concetto di correlazione, ossia alla misura di quanto due o più investimenti “si muovono insieme”. Due attività poco correlate sono decisamente le più indicate a stare insieme in portafoglio diversificato. Per un motivo molto semplice: se una va male, l’altra andrà bene (o almeno meglio). Non a caso i gestori di portafogli analizzano le correlazioni tra diversi investimenti, privilegiando quelli che hanno bassa correlazione (detti “decorrelati”).
Questo in linea teorica. Nella pratica, le cose sono un po’ più complesse:
- le correlazioni tra molti investimenti sono relativamente basse quando tutto va bene, ma aumentano nelle crisi finanziarie, dal momento che la paura spesso e volentieri contagia tutti i mercati (azionario, obbligazionario, etc), senza distinzioni;
- sono pochi gli investimenti che resistono a queste “ondate”: tipicamente, l’oro e i titoli di Stato di Paesi considerati super solidi e affidabili.
Ecco allora che, quando i mercati finanziari diventano turbolenti, l’investitore scopre che la diversificazione non gli è stata di alcuna utilità perché è aumentata la correlazione – e quindi la tendenza di muoversi insieme nella stessa direzione – di molte asset class. Quindi? Tanto vale puntare tutto su un unico investimento?
Anche la durata dell’investimento ha la sua importanza
Neanche per sogno. Perché l’altro fattore decisivo della diversificazione, dopo la correlazione, è l’arco temporale dell’investimento: se si ragiona in un’ottica pluriennale, è assai più probabile che l’eventuale performance negativa di un investimento sia compensata da quella positiva degli altri.
Ma attenti a non esagerare
Ma attenzione. Come sostiene l’“oracolo di Omaha” Warren Buffett, “un’ampissima diversificazione serve solo agli investitori che non hanno idea di ciò che stanno facendo”. Ok diversificare, quindi, ma senza esagerare: un buon portafoglio può essere composto da pochi prodotti finanziari ben selezionati; un pessimo portafoglio può invece arrivare a contenere decine di prodotti male assortiti. Il che non aiuta affatto l’investitore. Diversificare, insomma, significa anche saper scegliere.
di AdviseOnly
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