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Cos’è la diversificazione di un portafoglio?

Cos’è la diversificazione di un portafoglio?
21/11/2024

La diversificazione del portafoglio è una strategia di investimento che consiste nella distribuzione degli investimenti su più asset e settori, al fine di ridurre il rischio complessivo. In pratica, l’obiettivo è minimizzare l’impatto di un eventuale fallimento o performance negativa di uno o più investimenti, distribuendo il capitale in modo equilibrato tra azioni, obbligazioni, fondi e altre tipologie di strumenti finanziari.

 

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Come si diversifica un portafoglio?

Avete presente la rabbia (comprensibile) di chi dichiara di aver perso “i risparmi di una vita” nelle azioni o nelle obbligazioni di aziende che poi falliscono? Ecco: l’errore, in questi casi, sta proprio nella mossa di mettere tutti i risparmi su un unico strumento. La botta potrebbe essere assai meglio assorbita se solo una parte delle sostanze accumulate negli anni fosse destinata a quel prodotto e il resto trovasse invece una diversa collocazione.

Esempio. Immaginiamo di avere 1.000 euro da investire: possiamo usarli tutti per acquistare le azioni della società A oppure utilizzarne una parte per comprare i titoli di A, una parte per investire nei titoli di B e una terza parte per acquistare le azioni di C. Mettiamo poi che A fallisca: nel primo caso perdiamo il 100% dell’investimento; nel secondo, al peggio perdiamo solo il 33%, mentre nell’ipotesi migliore recuperiamo una parte di quel 33% grazie alle buone performance e agli apprezzabili dividendi di B e C.

B Grafico 15 La diversificazione

La chiave è la correlazione

Il principio della diversificazione, insomma, affonda le radici nel buon senso. Ed è intimamente legato al concetto di correlazione, ossia alla misura di quanto due o più investimenti “si muovono insieme”. Due attività poco correlate sono decisamente le più indicate a stare insieme in portafoglio diversificato. Per un motivo molto semplice: se una va male, l’altra andrà bene (o almeno meglio). Non a caso i gestori di portafogli analizzano le correlazioni tra diversi investimenti, privilegiando quelli che hanno bassa correlazione (detti “decorrelati”).

Questo in linea teorica. Nella pratica, le cose sono un po’ più complesse:

  • le correlazioni tra molti investimenti sono relativamente basse quando tutto va bene, ma aumentano nelle crisi finanziarie, dal momento che la paura spesso e volentieri contagia tutti i mercati (azionario, obbligazionario, etc), senza distinzioni;
  • sono pochi gli investimenti che resistono a queste “ondate”: tipicamente, l’oro e i titoli di Stato di Paesi considerati super solidi e affidabili.

Ecco allora che, quando i mercati finanziari diventano turbolenti, l’investitore scopre che la diversificazione non gli è stata di alcuna utilità perché è aumentata la correlazione – e quindi la tendenza di muoversi insieme nella stessa direzione – di molte asset class. Quindi? Tanto vale puntare tutto su un unico investimento?

Anche la durata dell’investimento ha la sua importanza

Neanche per sogno. Perché l’altro fattore decisivo della diversificazione, dopo la correlazione, è l’arco temporale dell’investimento: se si ragiona in un’ottica pluriennale, è assai più probabile che l’eventuale performance negativa di un investimento sia compensata da quella positiva degli altri.

Ma attenti a non esagerare

Ma attenzione. Come sostiene l’“oracolo di Omaha” Warren Buffett, “un’ampissima diversificazione serve solo agli investitori che non hanno idea di ciò che stanno facendo”. Ok diversificare, quindi, ma senza esagerare: un buon portafoglio può essere composto da pochi prodotti finanziari ben selezionati; un pessimo portafoglio può invece arrivare a contenere decine di prodotti male assortiti. Il che non aiuta affatto l’investitore. Diversificare, insomma, significa anche saper scegliere.

 

di AdviseOnly

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L’articolo è di carattere divulgativo aggiornato alla data di pubblicazione. Per conoscere l’offerta della Banca consulta l’area Prodotti.

 

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