L’utilizzo di medie mobili e indicatore stocastico nel trading
L’analisi tecnica è la borsa degli attrezzi del trader. All’interno di questa borsa si possono trovare moltissimi strumenti utili per una corretta gestione delle posizioni, alcuni apparentemente di immediata comprensione, altri molto più complessi. Tra questi le medie mobili e lo stocastico.
Tuttavia, il segreto per l’efficace utilizzo di uno qualunque di questi strumenti è la comprensione dei suoi meccanismi di funzionamento, perché solo conoscendo come funziona e quali indicazioni fornisce sapremo come sfruttare ciò che cerca di comunicarci.
Indicatori e oscillatori: cosa sono e perché sono utili
Tra gli strumenti più noti e utilizzati da chi fa trading, professionisti o trader privati, vi sono gli indicatori e gli oscillatori. Si tratta di algoritmi (ovvero formule matematiche) che prendono i dati di borsa di titoli quotati, come il prezzo o i volumi, li analizzano, e restituiscono dei risultati che possono aiutare a interpretare lo scenario di mercato.
La principale differenza tra indicatori e oscillatori è che i primi possono teoricamente assumere qualunque valore tra meno infinito e più infinito, mentre gli oscillatori possono solo muoversi (oscillare, appunto) tra due valori, per esempio tra zero e cento.
Il risultato di questi calcoli il trader li vede sulla sua piattaforma operativa: aprendo il grafico di un titolo, la piattaforma consente di selezionare quale tipo di indicatore si vuole sovrapporre al grafico stesso, e ciò che vedremo sarà la linea dell’andamento del prezzo del titolo e la linea (o le linee) degli indicatori, solitamente rappresentate con colori differenti.
Come funzionano le medie mobili
Le medie mobili rappresentano gli indicatori più noti usati dai trader. Semplificando, il loro scopo è quello di eliminare dall’andamento del prezzo degli strumenti finanziari considerati, la gran parte delle variazioni e dei movimenti che ne rendono di difficile identificazione il trend, ovvero la tendenza al rialzo o al ribasso. Sovrapponendo una media mobile al grafico del prezzo, quest’ultimo sarà caratterizzato da numerosi picchi al rialzo e correzioni al ribasso, mentre la linea della media mobile sarà ondulata e priva di asperità. Come mai?
Le medie mobili si chiamano così perché calcolano la media dei prezzi di uno strumento finanziario per un preciso periodo di tempo (20, 50 o 200 giorni), ma con il punto di partenza del periodo considerato che non è fisso ma, appunto, mobile. Ciò significa che una media mobile a 20 giorni calcolerà la media del prezzo del titolo degli ultimi 20 giorni, aggiornandosi progressivamente dopo ogni seduta di borsa e spostando così in avanti di un giorno, ogni giorno, il suo punto di inizio.
Nella pratica, le medie mobili di breve periodo (5, 20 giorni) sono maggiormente influenzate dai dati degli ultimi giorni e tendono a generare un numero maggiore di falsi segnali, problema a cui si può ovviare con medie mobili a periodi più lunghi (200 giorni).
Un’indicazione pratica che danno le medie mobili – in ambito statistico – è che se la linea del prezzo del titolo sul grafico si trova al di sopra della linea della media mobile il trend è rialzista, viceversa se il titolo è sotto la media mobile il trend è ribassista. Ovviamente, le medie a periodi più lunghi avranno una reattività più bassa di quelle a periodi brevi, quindi il trend potrebbe non essere identificato tempestivamente. L’utilizzo di due medie mobili a periodi differenti può essere utile per identificare i momenti di inversione di tendenza.
La formula della media mobile semplice è data dalla somma dei prezzi di chiusura di ognuno dei giorni di contrattazione considerati diviso per il numero di giorni del periodo. Per esempio, per la media mobile a 5 giorni, considerando Gt il prezzo del giorno di calcolo delle media stessa, sarà: [Gt + (Gt-1) + (Gt-2) + (Gt-3) + (Gt-4) + (Gt-5)]/5.
Oscillatore stocastico: a cosa serve?
Il nome di questo strumento deriva da un vocabolo greco che indica una congettura, nel senso di ipotesi o obiettivo basato sull’analisi di variazioni casuali. Trattandosi di un oscillatore, i suoi limiti inferiore e superiore sono definiti, ovvero 0 e 100. Ma cosa indicano questi numeri?
L’oscillatore stocastico, anch’esso utile a identificare il trend, ha il suo punto di forza nell’osservazione che il punto maggiormente significativo della linea del prezzo di un titolo è il momento della chiusura, ovvero alla fine della giornata di contrattazioni.
In particolare – statisticamente – questo livello di prezzo si avvicina ai minimi della giornata quando è inserito in una ribassista e ai massimi quando è in una fase rialzista. Per questo con lo stocastico si ottiene, in percentuale, dove si situa il prezzo attuale rispetto al range di minimi e massimi del periodo considerato.
Ciò fornisce indicazioni di ipervenduto e ipercomprato (“eccessi di mercato”), ovvero i momenti in cui vi sono alterazioni significative dell’interesse del mercato per un titolo e relative variazioni nell’attività di acquisto o di vendita su di esso.
Indicativamente, quando il valore dello stocastico è inferiore a 20 si parla di ipervenduto (e quindi di trend ribassista), quando è superiore a 80 di ipercomprato (trend rialzista). La banda di oscillazione 20-80 è quindi considerata normale o neutra, mentre la discesa al di sotto di 20 e la salita al di sopra di 80 forniscono importanti segnali di inversione.
Lo stocastico viene utilizzato soprattutto durante le fasi laterali del mercato, cioè quando la tendenza non è ben definita e il prezzo del titolo si muove prevalentemente in senso orizzontale. Ciò a differenza delle medie mobili che in fase laterale sono invece poco efficienti.
Infine, lo stocastico può anche evidenziare delle divergenze di andamento rispetto all’andamento del titolo: se per esempio il titolo raggiunge un nuovo minimo ma lo stocastico segna un nuovo massimo, è possibile che vi sia un’indicazione di inversione di tendenza del titolo al rialzo.
La formula dello stocastico è: [(prezzo di chiusura dell’ultimo giorno – minimo del periodo considerato) / (massimo del periodo considerato – minimo del periodo considerato)]*100.
di Andrea Fiorini
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